Ricordo quel sapore, forse era diverso, forse succoso e intenso,
tanto che la bocca era come tinta dall’umore rosso dei suoi
semi.
Magari era per la sete o per il desiderio oppure era la vita che
s’ffacciava avida alla soglia, o invece erano i sorrisi
come carezze, sui volti delle donne appena oltre le porte
o gli occhi dentro cui saresti potuta sprofondare, senza temere
vortici svuotanti.
Erano la mia attesa e l’appartenenza, credo.
Eppure tornava a sera il ragazzetto tutto impolverato
dalla calce tanto che potevi a fatica intuire il biondo dei
capelli, semichiusi gli occhi e d’un azzurro carico come
certi cieli meridionali soltanto.
Stanco si buttava e all’indietro sopra al letto a prendere
carezze dalla madre, un Ciaula ancora più piccolo che
aveva ben fissata la luna dentro agli occhi.
20
Nov
sento l’odore dei peperoncini “calavrisi”, il sapore della cipolla di Tropea ,dolce ,saporita .Bello,come al solito, il tuo scritto e ” parlante” il collage ciao terruncella…..
Occhi azzuri come solo certi cieli meridionali!
E’ vero.
Bell’accostamento.
Ida, non importa che tu passi o no da me, è bello leggere ciò che scrivi tu, parole e sentimenti da incorniciare.
Parole e immagine sono un tutt’uno, in una sinfonia di colori e sapori e suoni che sono, si, di appartenza.
Un’appartenenza tanto forte che la sento su di me, calabrese anche io, della Sila cosentina.
Viaggio un po’ tra le tue poesie, Ida:)) è bello sentirsi “a casa” 🙂
Francesca,Tu sei della sila cosentina…io ero, perché risiedo da anni annorum nel veneto, di Crotone,quindi animale marino,mentre mio padre era della provincia di Cosenza.
Forse proprio per questo l’appartenenza é uno dei temi dei miei collages e delle riflessioni …
rosse atmosfere inviti bronci. dai vieni prova a girare in giostra lascia per una volta l’appartenenza antica .
ma qualcosa la trattiene piombo nei gesti
non si conosce ancora o forse celia quella spinta decisa verso l’altro che le colora il viso .
dai vai ragazza ché l’attimo poi fugge e il rosso è bello di colori lì .un giorno non lontano in altra terra mai sentita tua scriverai “oggi nevica e la terra si è nascosta in un manto che le addice”
(quasi fuori argomento. ma non tanto. Sai che una volta, tra antropologi e linguisti, abbiamo fatto una comparazione (scherzosa) – punti focali: la cucina e l’uccisione del maiale – e la cultura più somigliante all’ungherese è risultata quella calabra? Per rievocare certi sapori “nostri” ricorro al vostro salame… Per dire, insomma, che ci lega una “collana” di peperoncini :))
occhi dentro cui sprofondare senza temere vortici svuotanti
è tanto bello, sai.
pezzetti di cielo
azzurro o nero,
che fuoriuscirebbero dalle orbite
se non fossero trattenuti
dalle palpebre
o dalle lunghe ciglia tremolanti.
un abbraccio
Neith..e non mi addice!
Majara,addirittura !Fu il peperoncino a creare vicinanze e somiglianze..
Piero…quanto é vero,ciao compagno instancabile.
“occhi dentro cui sprofondare senza temere vortici svuotanti
è tanto bello, sai.”
è tanto bello viverlo se è dato .
e si va in questo viaggio sempre alla ricerca di occhi che consolano . quando ci sono gli occhi non è più tempo ormai.si è già dannati .
notte buona Ida dentro la nebbia che avvolge le campagne di lassù. qui c’è tanto freddo e si mischia all’odore di pane e di castagne.la sciarpa intorno al collo già in tre giri
Ida, birichina.. era bello il ragazzetto biondo impolverato cogli occhi azzurro carico eh? .. quanti palpiti, come avere una farfalla in cuore e cercare di tenerla ferma..
un abbraccio grande
“Stanco si buttava e all’indietro sopra al letto a prendere
carezze dalla madre, un Ciaula ancora più piccolo che
aveva ben fissata la luna dentro agli occhi”
Ida tu ci hai pensato vero alla novella che incanta sempre i Ciula in tutti i tempi .
“Anche quella notte il protagonista trasportava il sacco pieno di zolfo, stravolto per la fatica, ma soprattutto impaurito per il buio che avrebbe trovato uscendo dalla miniera. Quando arrivò in prossimità degli ultimi scalini, tuttavia, con grande stupore si accorse di essere circondato da un lieve chiarore argentato. Sbalordito, non capì: lasciò cadere il sacco dalle spalle e, sollevate le braccia, aprì le mani nere verso la fonte di tale luce, la luna.
Ciàula sapeva dell’esistenza della luna, ma non si era mai soffermato ad osservarla. Solo ora, sbucando dal ventre della terra, la scoprì veramente. Pieno di ammirazione, si sedette sul sacco appena abbandonato davanti alla buca e restò a guardare l’astro, che gli si stanziava davanti in tutta la sua calma bellezza. E, per questa scoperta, cedette ad un incontenibile pianto liberatorio. Le sue lacrime dimostrarono che lui non è un animale come tutti credevano: l’ammirazione per la bellezza della natura e la capacità di commuoversi sono proprie infatti solo degli uomini”
“…. l’ammirazione per la bellezza della natura e la capacità di commuoversi sono proprie infatti solo degli uomini”.
Proprio questo distingue gli uomini dai “bruti”.
Anche se son convinto che gli animali amano la natura più degli uomini.
un abbraccio
Ma quello che ora si verifica é che la luna conquista pure “i bruti”forse come il venticello di Roma che aiuta a dare una mano “a farghe dir de sì”?
nheit,piero?
questa domanda Ida dice quanto la sai lunga sulla luna di Ciula.
tutti a rincorrere la luna e come nel cielo del Marocco ad uso dei turisti in comitiva,la luna la si fabbrica con luci pellicole di film. se c’è la luna vera, passa inosservata